| Capitolo II: Il Giorno prima dell'inizio, parte prima.
Akira si risvegliò all'alba, come promesso dalla strega. Si sentiva rinvigorito, e le ferite non gli dolevano molto. Il bambino si alzò in piedi, sbadigliando. Il fuoco era spento, ma non da molto tempo: le braci erano ancora calde, e spargevano un tenue tepore nella stanza altrimenti gelida. Sul tavolo, Akira trovò dei vestiti puliti, e più pesanti, foderati di pelliccia. Alla strana scoperta, non poté fare a meno di alzare un sopracciglio, sospettoso. L'incontro con la strega lo aveva colpito, inutile negarlo, ma a dominare il giovane era sicuramente un sentimento di ingenua curiosità. Aveva sentito tante storie di streghe e magia dall'anziano del villaggio vicino, quando ancora la madre lo obbligava a vivere fra i suoi coetanei, e sapeva che erano esseri molto potenti, sovente malvagi ma sempre desiderosi di camminare fra i mortali. Il bambino scosse la testa, provando un lieve giramento. Evidentemente, era ancora piuttosto debole. Senza indugio, Akira si vestì, godendo del calore delle nuove vesti. Gettando uno sguardo fuori, notò che aveva smesso di nevicare. Un nuovo strato di neve fresca rendeva più difficile il percorso, ma non poteva permettersi di attendere le ore più calde del meriggio. Con rinnovato desiderio di tornare a casa e riabbracciare la madre, Akira si rimise in cammino. Non aveva più motivo di affrettarsi, specie dopo l'incidente del giorno precedente: la gioia dei suoi genitori nel rivederlo vivo sarebbe stata più grande dell'irritazione per un paio d'ore di ritardo in più. Akira proseguì per circa due ore all'ombra degli alberi e dei ruscelli ghiacciati, attento a non commettere imprudenze. La montagna poteva rivelarsi pericolosa anche a piedi esperti, e questo ora lo sapeva bene. Non avrebbe più sottovalutato i pericoli della tormenta, si ripromise in silenzio. All'incirca verso le otto del mattino, giunse in vista di casa. L'abitazione di Akira sorgeva isolata da ogni centro abitato, in una valle circondata dalle montagna e in prossimità di un fiume. La casa era piuttosto grande per essere un'abitazione di Neo Green Life, ma comunque costruita in un unico piano. Il bambino affrettò il passo, sentendo d'un colpo pesare la stanchezza accumulata nelle ore precedenti. Con un sospiro, aprì la porta ed entrò in casa. La madre di Akira era seduta vicino al caminetto. Era una bella donna, all'incirca sui trent'anni. I lunghi capelli marroni erano raccolti in una morbida treccia, e non appena vide il bambino si voltò, sorridendo radiosa. - Sei tornato... - Akira fece un lieve inchino. - Perdonatemi, madre. La tormenta mi ha impedito di tornare prima di questa mattina. - - Non devi scusarti. Ero preoccupata. Sono felice di vederti sano e salvo. - Akira si rilassò. Si avvicinò alla madre, consegnandole il sacchettino di pelle che teneva ancora attaccato alla cintura dal giorno prima. - Madre, ho comprato le erbe che mi avevate chiesto. - La donna lo abbracciò senza parlare, prima di mettere a bollire sul fuoco dell'acqua per fare il tè. Akira si sedette per terra, togliendosi i vestiti bagnati e mettendoli ad asciugare. La madre di Akira chiese, più incuriosita che arrabbiata: - E quei vestiti da dove vengono, Akira? Li hai rubati? - Il bambino scosse la testa, ma senza sollevare gli occhi dal pavimento. - Vedete, madre... - Prima che potesse spiegarsi, la porta della casa si spalancò. Akira si voltò di scatto. Sull'uscio di casa, un uomo dall'espressione severa. Assomigliava terribilmente ad Akira, ma i suoi capelli biondi erano striati di grigio vicino alle tempie e gli occhi erano più freddi. - E' tornato, Reiko? - La donna annuì. Akira scattò in piedi, facendo un piccolo inchino e salutando il padre. Questi non rispose al saluto. L'uomo si avvicinò al bambino, e lo colpì con un calcio allo stomaco, mandandolo a terra. Akira gemette in silenzio, tossendo. - Questo è per non essere tornato ieri. - L'uomo alzò un braccio per colpire ancora, ma Reiko si interpose fra i due, proteggendo il figlio. Akira lanciò uno sguardo di gratitudine alla madre, che lo aveva protetto una volta di più dalle violenze del marito. - Non è necessario, Ibuki. Sono sicura che rischiare di morire nella foresta sia stata una punizione sufficiente. Vieni, c'è del sake... - Ibuki sospirò. - Sei troppo buona. Quel ragazzo ha bisogno di disciplina. - Pur senza replicare, Reiko non permise comunque al marito di avvicinarsi di più. Alla fine, Ibuki dovette capitolare. Sospirando, lasciò in pace Akira, andandosene a bere. Akira si rialzò in piedi, ancora dolorante. Reiko lo aiutò a tirarsi su, controllando che stesse bene. Con un sorriso triste, gli accarezzò la testa, notando solo in quel momento che il figlio fosse ferito. - Sei ferito. Vieni, ti cambio le bende. Sei stato bravo: la fasciatura è impeccabile. - - Non sono stato io, madre. E i vestiti non li ho rubati. Mi sono stati dati da una donna, una vostra conoscente. - Se Reiko sembrava sorpresa, non lo diede a vedere. - Capisco. E' stata la Strega, vero? Cosa ha detto? - Ha detto di essere tornata perché voi saldaste il vostro debito, madre. La donna annuì, mentre con mano esperta gli cambiava la fasciatura e controllava che la ferita non facesse infezione. - Si, ha ragione. Il tempo è prossimo... - - Cosa volete dire? - Reiko gli sorrise, scompigliandogli i capelli biondi. - Che fra poco dovrai fare un viaggio, Akira. Te ne parlerò stasera. Per il momento riposa. - Il bambino non poteva capire, ma decise di non fare domande. Dall'altra stanza, Ibuki iniziò a chiamare la moglie perché servisse dell'altro liquore. Reiko fece una smorfia di disapprovazione, ma ubbidì, lasciando Akira da solo.
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